Il caso del bambino Ahmet: un intervento di Maria Bacchi e Emma Baeri

Il caso del bambino di otto anni torchiato in Francia dalla polizia perché rifiuta di partecipare alle manifestazioni di lutto in memoria dei giornalisti di Charlie Hebdo.

Questo l’articolo con la notizia Il garantista-il caso AHMET

Per quanto sia lo sdegno contro gli assalti alla redazione di Charlie Hebdo e dell’Hypercacher ebraico di Parigi, la ragionevolezza, se non la ragione, dovrebbe prevalere sull’enfasi emotiva, almeno in chi governa istituzioni e mass media. Qui parliamo di una ragionevole difesa dei diritti dei bambini e delle bambine, difesa della loro libertà di manifestare pensieri ed emozioni con la certezza che il mondo adulto saprà tutelarli e accompagnarli nella riflessione sulle cose difficili della vita. Il caso del piccolo Ahmet -che in una scuola elementare di Nizza si rifiuta di partecipare alle manifestazioni ufficiali di lutto in memoria dei giornalisti di Charlie Hebdo- dovrebbe scandalizzare tutti gli educatori della democratica Europa: il maestro di Ahmet lo ‘denuncia’ alle autorità scolastiche che, a loro volta, lo segnalano alle autorità di polizia. Ahmet, grazie al cielo accompagnato dal padre, viene a lungo interrogato in una sede della gendarmeria di Nizza.

Io licenzierei in tronco quel maestro e quei dirigenti scolastici per manifesta incompetenza professionale. Come possono degli ‘educatori’ non essere in grado di raccogliere il pensiero di un bambino e di discuterlo con lui e con i compagni, forti della certezza che solo attraverso il dialogo e il piacere del confronto aperto insinueremo in lui il dubbio e lo abitueranno alla critica, alla libertà da ogni forma di condizionamento religioso e politico, all’amore per la vita e per le singole vite ? Che tipo di barbarie pedagogica sta dilagando per l’Europa se uomini (e donne?) di scuola diventano ottusi tutori dell’ordine invece che garanti della serenità e della libertà di bambine e bambini?

La stampa internazionale non ci ha più aggiornato sulla vicenda del bambino francese: è stato sottoposto a qualche forma di ‘terapia’ che lo riabiliti al pensiero democratico? Qualcuno ha messo in discussione l’idoneità all’insegnamento dei suoi maestri? Come starà elaborando Ahmet l’esperienza che lo ha visto protagonista? Si sentirà un piccolo cittadino della Francia nata dalla Rivoluzione del 1789 o coverà un oscuro, intimorito, risentimento verso il mondo ‘altro,’ autoritario e adulto?

Quest’Europa, sempre più attraversata da antisemitismo, antislamismo, xenofobia, non può trasformare in guerra civile la lotta contro la violenza terroristica: non dobbiamo permetterlo. Prendersi cura del pensiero e della vita dei bambini e degli adolescenti, educarli alla gioia del pensare e del conoscere è il modo migliore per generare anticorpi.

Qualche mese fa l’Archivio di Stato di Mantova ha organizzato la bellissima lettura pubblica degli atti che documentano un incredibile processo contro 14 bambini della scuola elementare di San Benedetto Po: una mattina di maggio del 1918 avevano gridato nei corridoi della scuola «abbasso la guerra, la guerra dev’essere fatta da quelli che la predicano, dai ricchi che danno al prestito ecc.» ( dalla deposizione della giovanissima e patriottica maestra che li ha denunciati). Per essere riammessi in classe, i bambini vengono costretti a scrivere lettere di scusa all’insegnante e solo il più piccolo si rifiuterà di farlo; poi sono processati per disfattismo dal Tribunale di Mantova e due di loro condannati a giorni di detenzione e a pene pecuniarie. Le famiglie presentano un ricorso alla Corte d’Appello che conferma le condanne. Siamo nel 1918; in novembre, dopo la fine della prima guerra mondiale, i bambini vengono amnistiati.

E’ passato un secolo ma sembra che il sonno del comune buon senso, che le guerre spesso inducono in chi detiene il potere, non sia ancora terminato.

Quanto mi piacerebbe che la vecchia redazione di Charlie, meglio se quella di Volinski, che negli anni Sessanta pubblicava l’indimenticabile e libertario Hara-Kiri, pubblicasse una copertina con un bimbo piccolo che viene ammanettato e preso per il collo da mostruosi professori e poliziotti, mentre tenta di mormorare: “Je ne suis pas Charlie!”.

La caricatura vera funziona quando deride il potere e difende gli inermi.

Maria Bacchi ( Comitato scientifico Fondazione Villa Emma-Ragazzi ebrei salvati)

Emma Baeri ( Università di Catania)

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