Il Metodo Alice

“Recuperare l’Unità perduta”

Il Metodo Alice è un insieme di pratiche educative nate in Italia negli anni ’80 da Valentino Giacomin e Luigina De Biasi , sviluppate successivamente in India dagli stessi. Il nome si ispira all’omonimo libro “Alice nel paese delle meraviglie” nel quale è narrato il viaggio compiuto da Alice alla scoperta della sua interiorità.

Tali pratiche sono nate per arginare carenze e problematiche dei bambini quali : il calo di attenzione, di interesse, di immaginazione, di espressione, di memorizzazione e aumento dell’aggressività. Questi problemi, oggi sempre più diffusi nelle nostre aule, trovano origine da un mancata attenzione alla conoscenza interiore, la quale, secondo il nostro punto di vista, può essere paragonata alla conoscenza di sé già espressa da Socrate con il termine Gnôthi Sautón. Tali pratiche puntano ad un’ Educazione Integrale finalizzata ad un percorso di auto-conoscenza e ad uno sviluppo unitario della persona, quindi ad una consapevolezza dei pensieri e delle emozioni con i quali ognuno di noi deve fare i conti ogni giorno. Se si pensa che la scuola debba dare gli strumenti per affrontare le difficoltà della vita, allora non si può escludere un percorso introspettivo di conoscenza che ci faccia affrontare in modo attivo le varie problematiche esistenziali.

Le tecnica privilegiate per una conoscenza interiore sono l’ascolto, il silenzio e il conflitto cognitivo facilitato da domande provocatorie, quest’ultime (metaforicamente paragonate ad un seme), fioriranno in modo autonomo, personale e indipendente in ognuno. Viene inoltre data molta importanza ad esercizi di visualizzazione come pratica per ampliare la concentrazione, l’immaginazione e la memorizzazione.

Partendo dal presupposto che il nostro pensiero genera emozioni, che le emozioni generano azioni, le azioni comportamenti , e quest’ultimi il nostro carattere ( pensiero → emozioni → azioni → comportamenti → carattere), crediamo allora sia opportuno lavorare sulla consapevolezza dei pensieri e sulla capacità di osservarli, accoglierli e se necessario trasformarli.

Il Metodo Alice basa le proprie pratiche e i propri esercizi su alcuni presupposti teorici tra cui :

  • La soggettività della percezione: l’uomo percepisce solo il 5% delle realtà che lo circonda, e inoltre egli è influenzato da dei filtri permanenti relativi all’educazione e alla cultura, e da dei filtri temporanei come il contesto, le emozioni e i pensieri. Date tali premesse, si crede quindi che non siamo mai uguali a noi stessi ma siamo in un continuo cambiamento; infatti come ci ricorda Eraclito “non si può discendere due volte nel medesimo fiume”.

  • Proiezione: L’uomo tende a interpretare la realtà esterna in relazione alle immagini che si porta dentro, così nel rapportarsi con un altro individuo è solito proiettare fuori una determinata immagine interna che influenzerà entrambi; quindi noi non vediamo le cose come sono ma vediamo le cose come siamo.

  • Percezione limitata: data la parziale conoscenza della realtà è opportuno non assolutizzare le proprie opinioni ma comprenderne la loro relatività; ecco dunque che il “Secondo me” diverrà il vademecum per ogni espressione relativa alla propria percezione.

  • Interdipendenza: partendo da questi assunti teorici possiamo riassumere dicendo che la nostra percezione illusoria della realtà è frammentata, dualistica, come se ci fosse un velo di Maya che ci ostruisce la visione unitaria della realtà. Tramite queste pratiche si cerca di attenuare il velo per raggiungere uno stadio di conoscenza e coscienza che ci faccia percepire come la parte di un Tutto, e far si che i confini che noi vediamo per interagire con la realtà si riducano. Questa visione unitaria non è solamente una concezione filosofica e astratta ma è un concetto affermato sia dall’ecologia che dalla fisica quantistica, quindi è un qualcosa che si può riscontrate anche nella vita quotidiana, basti pensare al lungo viaggio che gli alimenti percorrono dalla nascita ai nostri piatti ( esempio del Tè : Terra → vento → semi → acqua → sole → uomo…). Questa concezione è espressa magistralmente nei seguenti versi dal poeta William Blacke : Vedere un mondo in un granello di sabbia e un paradiso in un fiore selvatico, tenere l’infinito nel palmo della mano e l’eternità in un’ora.

  • Gli opposti: le dualità che coabitano in noi e nel mondo esterno non vanno considerati come contrapposte ma come integrate (esempio: posso essere sia introverso sia estroverso). Per comprendere meglio questo concetto possiamo avvalerci dell’immagine metaforica dell’arco: due colonne distinte formano uno stesso arco, sono sia opposte che unite.

  • Responsabilità: il concetto di interdipendenza ci permette di sviluppare spontaneamente un senso di relazione e quindi di responsabilità nei confronti delle altre persone e dell’ambiente. Ogni singolo individuo, in base alle proprie azioni, può contribuire alla creazioni o distruzione di determinate realtà ambientali, sociali e culturali. “Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?” (Lorenz).

  • Causa-Effetto: “ se seminiamo carote non raccoglieremmo cipolle”. Si cerca di far divenire responsabile il bambino facendogli comprendere che ogni azione ha una conseguenza anche se questa non sempre si manifesta nel soggetto interessato. Quello che noi facciamo è paragonabile a delle pietre lanciate nello spazio che poi ritornano al mittente anche se egli non riuscirà sempre a riconoscere la propria pietra.

Dopo aver elencato i presupposti teorici esponiamo alcuni esercizi:

  1. La Candela: L’esercizio consiste nel cercare di mantenere l’attenzione sulla fiamma di una candela accesa senza che altri pensieri possano distogliere la nostra concentrazione e di individuare i pensieri “ladri” che ci rubano l’attenzione. Si consiglia di posizionarsi in cerchio e mettere la candela al centro così essa risulterà ugualmente visibile a tutti. Dopo alcuni minuti di esercizio ogni partecipante è invitato a scrivere o disegnare in un foglio i pensieri “ladri” che è riuscito a cogliere. Attraverso questo esercizio si cerca di bloccare o rallentare per pochi minuti il flusso vorticoso di pensieri incessanti; può servire a aumentare la capacità di concentrazione, a calmarci in momenti di agitazione e a imparare ad osservare i pensieri senza giudicarli e a far comprendere che noi non siamo i nostri pensieri. questo esercizio è consigliato ai bambini iperattivi e ai bambini che hanno difficoltà di attenzione.

  2. La lavagna immaginaria :si invitano i bambini a sedersi su una sedia con la schiena ben dritta e le gambe unite così da poter agevolare il flusso di energia in circolazione nel nostro corpo. Dopo aver chiuso gli occhi i bambini dovranno visualizzare una lavagna immaginaria nella quale poter “disegnare” con la mente. L’educatore è tenuto a leggere a voce alta una lista di elementi (è consigliata la ripetizione ogni tre o quattro elementi aggiunti) che i bambini dovranno disegnare nella propria lavagna con lo scopo finale di memorizzarli nel giusto ordine. Sono possibili diverse domande per testare la capacità di memorizzazione, concentrazione e visualizzazione tra cui: “ riusciresti a ripetermi la lista completa degli elementi?”, “potresti ripetere la lista al contrario?”, “sapresti dirmi che elemento c’è tra l’albero e la libellula?” . Se la lista viene proposta ogni giorno è consigliato aumentare il numero di elementi da aggiungere alla lista; inizialmente si può proporre una decina di elementi per poi aumentarli progressivamente potendo potenzialmente arrivare anche a ottanta elementi. Dopo ciò verrà detto ai bambini di aprire gli occhi e di disegnare su un foglio la sequenza di elementi come era stata precedentemente disegnata con la mente. In questo modo sarà possibile analizzare e comprendere il modo in cui ogni bambino memorizza e organizza le informazioni ( esempio: a spirale, in linea verticale/orizzontale, un quadro unico, una storia…….). Con questo esercizio si cerca di mantenere integra la capacità di visualizzazione e immaginazione della quale ogni bambino dispone naturalmente, di aumentare la capacità di concentrazione e relativa memorizzazione. Questo esercizio è particolarmente indicato ai bambini che hanno difficoltà di memorizzazione.

  1. Visualizzazione guidata: la posizione consigliata è analoga alla precedente. L’esercizio consiste nell’ascoltare un brano letto da una voce esterna e visualizzare con l’occhio della mente le situazioni e le immagini suscitate, cercando di mantenere alta la concentrazione per immedesimarsi al meglio. Successivamente si invitano i bambini a disegnare liberamente (con i colori a cera o a pastello) senza voler rappresentare qualcosa in particolare, ma piuttosto lasciando che la mano si muova cercando di non essere influenzata dalla ragione. Pensiamo che in tal modo sia possibile esternare.

  2. Domande funzionali: – “Cosa stai facendo?”: tale quesito può essere utile a far emergere la consapevolezza di tutte le “attività” nelle quali siamo coinvolti, anche involontariamente, nello stesso istante cosicchè da aumentare la consapevolezza( respirando, parlando,muovendo le mani, guardando, digerendo….). – “Come ti senti?”: si invita il bambino a esternare il suo stato psico- fisico per agevolarlo nella conoscenza di sé. Inoltre, nel momento in cui si nota che il bambino sta provando delle forti emozioni, si può domandare di localizzare nel corpo tale emozione e dire di che colore se la immagina. – “Dove sei?”: partendo dal presupposto che l’essere umano è caratterizzato dalla capacità di evadere dalla realtà circostante ed immergersi in un’altra, questa domanda serve sia a renderlo cosciente del funzionamento della mente, sia a riportare l’attenzione del bambino momento presente.