“Come pensano i bambini?” il titolo degli incontri con Andrea Sola – 30 novembre 2019

Il problema oggi è lasciar vivere i bambini, non guidarli

I bambini non ragionano come gli adulti perché “il mondo dell’intelligenza infantile si muove con criteri diversi, dove l’elemento affettivo è nettamente dominante. Gli adulti al contrario si costruiscono una serie di ideologie, o idee di copertura, per difendersi e non prendere in considerazione la dimensione affettiva, soprattutto se ci sono questioni irrisolte nella propria infanzia”. Parte da queste considerazioni il pensiero di Andrea Sola, redattore del sito educareallaliberta.org che sabato 30  novembre sarà ospite della Bottega delle scoperte di Besozzo per due incontri intitolati “Come pensano i bambini?”: il primo dedicato a docenti ed educatori, al mattino, e il secondo invece rivolto ai genitori nel pomeriggio.

Il testo dell’intervista pubblicata su Varese News il 25 novembre 2019

I PROBLEMI DEI BAMBINI

Il pensare in maniera così diversa spesso fa sì che il pensiero del bambino non entrino in contatto.
L’adulto allora pensa di rimediare cercando di portare il figlio sul piano della razionalità, con spiegazioni e ragionamenti in realtà incomprensibili per i piccoli. Il bambino dal canto suo cerca di adeguarsi, perché vuole più di ogni altra cosa compiacere l’adulto: “Non può farne a meno, perché gli vuol bene quindi farà finta di capire, senza comprendere né condividere. E così nascono i problemi”.

Quello che oggi è considerato un bambino problematico perché iperattivo, con difficoltà di attenzione, di comportamento spesso è solo combattuto, a disagio per lo sforzo di adattarsi a delle richieste inappropriate da parte degli adulti. Per assurdo anche il bambino bravo e ubbidiente, cercando di compiacere gli adulti, in realtà non vive propriamente la sua infanzia e i problemi verranno al pettine in adolescenza o dopo”.
“I bambini richiedono innanzi tutto affetto, in continuazione, in tutto quello che fanno, anche quando ostentano i loro No”.

ADULTI IN CRISI

“La verità è che gli adulti sono in crisi – spiega l’esperto – Il sapere oggi è molto più avanti della cognizione di una persona anche molto istruita, quindi adulti non sono credibili. Non hanno più risposte”.
“E questo ci rende frustati – afferma Sola – Se siamo adulti tesi, scontenti, a disagio per la società corrotta e disgregata di cui siamo parte, non riusciamo a dedicarci serenamente ai figli, non ne abbiamo né il tempo né le energie mentali. E questo peggiora le cose. Ci fa sentire impotenti”.

E cercando di riprendere un ruolo esercitiamo il controllo, “guidiamo in maniera maniacale e onnipresente i bambini- spiega Sola – Così, in assoluta buona fede, per eccesso di affetto e con l’idea di tutelarli, in realtà impediamo loro di crescere in maniera armonica. Per crescere bene i figli bisogna rimparare a a lasciarli vivere.

PERCHÈ OSTACOLIAMO L’AUTONOMIA DEI BAMBINI

“I bambini hanno delle capacità di comprensione intuitive più sviluppate, imparano da sé”, afferma Sola ricordando come il maggior numero di sinapsi di cui è capace l’infanzia o il funzionamento dei neuroni a specchio che portano i bambini ad imitare gli adulti. Tutto evidenziato dalla neuroscienza “che non scopre nulla di nuovo – precisa – ma offre la conferma biologica di quanto già osservato dai pedagogisti anche nel passato”.

Gli adulti di oggi tendono a limitare sempre più la libertà dei bambini perché sono cresciuti così.
La vita cittadina ha allentato i legami sociali, le famiglie si sono chiuse in sé stesse e la solitudine ha indebolito la capacità di sentirsi parte di un gruppo, con conseguente riduzione della capacità di relazionarsi.
Così affetto, accudimento e attenzione si trasformano in apprensività.

COME COMUNICARE CON I BAMBINI

I genitori che davvero intendono aiutare i figli dovrebbero innanzi tutto ridurre le cose che hanno da fare, sfoltire le agende, tagliare il superfluo e trovare finalmente il tempo per rilassarsi. E, una volta rilassato, mettere il bambino nelle condizioni di trovare da sé la risorse. Anche se questo significa mettere in disordine: ci deve essere il tempo di mettere a posto. O se questo implica uscire fuori di casa e incontrare amici, e il mondo là fuori sembra pieno di pericoli, si può accompagnarli le prime volte e insegnargli a riconoscere e ad evitare i pericoli.
Se non si accettano serenamente queste “fatiche”, allora la verità è che mettere il bambino davanti allo schermo diventa funzionale al genitore, non al bambino.