RIDEF 2014 a Reggio Emilia: intervento di F. Tonucci in ricordo di Mario Lodi

Il 24 luglio presso la Sala del Tricolore di Reggio Emilia si è svolta una serata in ricordo di Mario Lodi, il grande maestro recentemente scomparso all’età di 90 anni.

Durante la serata è stato proiettato il film “Partire dal bambino” realizzato da Vittorio De Seta nel 1979 (che ricordiamo aveva realizzato qualche anno prima il famoso “Diario di un Maestro” cui anche Lodi aveva contribuito).

Sono intervenuti Fiorenzo Alfieri, Luciana Bertinato e Francesco Tonucci, del cui intervento riportiamo il testo .

MARIO LODI, UN GRANDE MAESTRO, di Francesco Tonucci.

Ho dato questo titolo alla mia breve testimonianza per protestare contro il nostro Presidente del Consiglio che commentò la morte di Mario Lodi dicendo: “è morto un piccolo maestro che ha fatto grande il nostro paese”. Mi dispiace signor presidente, il nostro paese non è un grande paese e di Mario si può certo dire che sia stato un piccolo maestro. E’ stato un grande maestro per me, per i suoi alunni e per migliaia di maestri di tutto il mondo.

Nel 1967 leggo “Lettera a una professoressa”, un libro per me sconvolgente che cambia la mia vita professionale e forse anche personale. Ma Milani è moro qualche mese prima .

Nel  1971 leggo “Il paese sbagliato”. Una conferma clamorosa: la scuola incredibile di Barbiana è possibile anche nella scuola pubblica. Mi metto subito in contatto con l’autore e inizia la nostra profonda amicizia.

Nel 1971 De Seta mi chiama a collaborare al film “il diario di un maestro” su consiglio di Fiorenzo Alfieri e di Mario Lodi. Seguo giorno dopo giorno le riprese, suggerisco a Bruno Cirino cosa fare e scrivo ogni giorno con il regista la sceneggiatura del giorno dopo. Il mio contributo è spostare l’attenzione e il protagonismo da Albino Bernardini, autore del libro di riferimento del film, a Mario Lodi. Un particolare emblematico è il testo de “Il paese sbagliato” che si vede sul comodino del maestro in una scena del film.

Tre episodi clamorosi nel dibattito italiano sulla scuola di quegli anni: più di un milione di copie Lettera a una professoressa, più di 100.000 Il paese sbagliato, ascolti record per Diario di un maestro per quattro domeniche su Rai uno in prima serata.

Poi la lunga e per me affascinante esperienza della Biblioteca del lavoro per dieci anni, incontrandoci due o tre volte l’anno per discutere fino allo sfini9mentoe fin nei più minuti particolari dei più di cento libretti prodotti.

Infine la scrittura del libro su Mari per accompagnare l’edizione de “IL Mondo” della Universale Laterza, che mi ha portato a visitare più volte l’ultima classe della carriera di Mario, a discutere molte volte con lui e a dedicarmi per un mese alla stesura di questo testo che me lo ha fatto conoscere attraverso le pagine del giornalino e che credo lo ha fatto conoscere nel mondo latino dove è stato tradotto e pubblicato.

Mario è diventato maestro per caso. Non voleva fare il maestro, voleva fare l’artigiano o forse l’artista, il pittore, l’incisore. Ha scelto le magistrali perchè più brevi delle altre scuole superiori (io invece le ho fatte perchè andavo male alle medie!).

Si diploma maestro il 10 gugno del ’40, il giorno della dichiarazione di guerra. Appena diplomato lo chiamano per una supplenza e così descrive quel primo giorno di scuola: “Abbiamo passato molto tempo parlando insieme. Alla fine un bambino mi dice: ‘Ma non abbiamo fatto niente!’ Ho reagito dicendo che era importante conoscerci, parlare insieme.”Ma no, a scuola si viene a studiare”. Rifiutavano le cose che proponevo perchè non c’erano sul loro libro. La scuola che loro chiedevano era Tema, Dettato, Problema. E basta. Mi sembrava che il maestro non l’avrei mai potuto fare e decisi di andarmene dalla scuola.”

Poi la guerra, la prigionia. Dopo la guerra un giorno di supplenza al Vho e la decisione di lasciare definitivamente la scuola e di dedicarsi ad una attività artigianale e artistica di decorazione in serigrafia di foulards e vestiti di seta.

Lel ’48 viene bandito il concorso magistrale e, per un senso di dovere nei confronti della famiglia che gli aveva permesso di studiare. Mario partecipa. Partecipa per non vincere e pur potendo partecipare al bando riservato ai reduci di guerra con un rapporto di 1 a 2 fra  posti e partecipanti, preferisce partecipare al concorso generale nel quale il rapporto previsto è di 1 a 10. Ma lo vince. In una recente intervista così descrive il primo giorno di scuola:

“Fu il mio primo giorno di scuola a San Giovanni in Croce, al principio degli anni Cinquanta. Mentre parlavo uno dei bambini si alzò dal suo banco e andò a guardare cosa succedeva sui tetti di fronte. A poco a poco anche gli altri fecero lo stesso. E allora mi domandai: lasciar fare o reprimere? Così mi alzai e insieme a loro mi misi a guardare il mondo dalla finestra”.

Questa frase mi sembra possa essere considerata una sintesi delle scelte e del pensiero pedagogico di Lodi: lui sta con i bambini, dalla loro parte, condivide le loro scelte. Sempre. E insieme a loro si mette a guardare il mondo dalla finestra.

Già quel primo giorno la scelta di fondo è fatta: non reprime, non richiama all’ordine, ma si unisce ai bambini. La sua scuola è aperta, interessata al mondo, la finestra è aperta. E’ già evidente l’inquietudine e la convinzione, ma mancano gli strumenti. Nel 1951 viene a sapere che uno “strano” gruppo di maestri si riuniva a San Marino. Così avviene l’incontro con l’MCE e qui comincia una nuova storia.

Dalla relazione inviata ai genitori dopo i primi giorni di scuola della prima elementare:

“Dopo una settimana passata con i bambini posso affermare che essi sono tutti di normale intelligenza, pur rivelando evidenti differenziazioni di carattere e diversi livelli di maturazione, dovuti in gran parte alle situazioni ambientali in cui ogni bambino è cresciuto. Tutti i bambini quindi, salvo imprevedibili fatti di eccezionale gravità, sono promossi sin da ora alla quinta elementare, con la garanzia del raggiungimento della preparazione minima richiesta dai programmi scolastici. Se questo non si verificherà la responsabilità sarà del maestro e della scuola, per non avere messo in atto le tecniche educative adatte per sviluppare al massimo le attitudini naturali e l’intelligenza del bambino.”

“Ho detto ai genitori che essendo i bambini tutti diversi,non mi sento capace di valutarli con un numero. La gratifica del voto del fare perchè mi dai qualcosa, oltre ad essere una valutazione negativa del lavoro, potrebbe suscitare spiacevoli situazioni: il “bravo” potrebbe diventare superbo, l’incerto invidioso,e insicuro. Inoltre con il voto si giudicano aspetti secondari (l’ordine, la correttezza formale, in genere esercizi scritti) e non i numerosi momenti comportamentali vissuti nella giornata. Infine, usando la stessa misura per tutti i bambini, che non sono allo stesso punto del processo evolutivo, l’uso del voto diventa una ingiustizia..

E’ possibile vedere la versione integrale del film di Vittorio De Seta su Mario Lodi in questo sito.

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la serata di commemorazione di Mario Lodi alla sala del Tricolore di Reggio Emilia