Salvare gli innocenti, una pedagogia per i tempi di crisi, di Goffredo Fofi. Un invito alla lettura, di A. Sola

Il vero centro di queste riflessioni è la denuncia della mancata assunzione di responsabilità da parte del “ceto pedagogico” di fronte ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, e l’affermazione di quella che può essere considerata la vera linea di confine per chi voglia agire per il bene comune: la scelta di mettere l’educazione al primo posto nella scala dei valori che determinano le scelte dell’agire politico.

Salvare gli innocenti, una pedagogia per i tempi di crisi

di Goffredo Fofi
edizioni La Meridiana
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Il vero centro di queste riflessioni è la denuncia della mancata assunzione di responsabilità da parte del “ceto pedagogico” di fronte ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, e l’affermazione di quella che può essere considerata la vera linea di confine per chi voglia agire per il bene comune: la scelta di mettere l’educazione al primo posto nella scala dei valori che determinano le scelte dell’agire politico.
Una simile prospettiva è a guardar bene una vera rivoluzione copernicana che se declinata nelle mille situazioni dell’operare concreto comporterebbe un totale cambio di rotta delle attuali pratiche adulte: mettere al centro del discorso politico e sociale i bambini, i giovani, riconoscere loro rispetto e dignità, credere nella possibilità di una loro autonomia reale.
Fofi ha il coraggio intellettuale di dichiarare apertamente che parte dalla presa in carico di una sua responsabilità individuale (e condivisa con altri) e che è in suo nome che affronta una analisi senza compromessi della situazione attuale: questa dichiarazione di coinvolgimento personale che fa in esordio ci sembra molto più che una semplice dichiarazione di intenti, ci sembra la condizione preliminare e necessaria perché oggi chi parla del bene comune possa pretendere una credibilità: non è più il tempo delle delle buone intenzioni, delle verità a parole, questo è il tempo in cui solo le azioni, i fatti, e la coerenza di chi li compie possono diventare credibili. La lezione non violenta di Gandhi è oggi più che mai valida: il valore di un atto è immanente all’atto, niente vale se la sua efficacia non si può misurare nell’oggi, nell’ attualità e nella coerenza del suo compiersi. Ed è proprio questo il piano su cui deve agire ogni atto pedagogico per poter essere definito tale, altrimenti è imbroglio o pura costrizione. Ed è in questo senso che il punto di vista educativo deve venire prima, deve dirigere ed ispirare l’agire politico, perché porta in sè i germi del futuro.
Si dirà che questo è un operare superato, un riemergere di vecchie pratiche di militanza: non sta ovviamente a me parlare a nome di altri, ma, per quello che ne penso io, credo proprio che si tratti ancora di quello, di un impegno complessivo che non può lasciare fuori alcun momento della vita: viviamo in tempi “leggeri”, ognuno è impegnato strenuamente ad occuparsi di sè (anche i preti, come ebbe già a dire Don Milani, ma ancora credendo di usare un’iperbole) e la vicinanza dei non adulti risulta di impaccio, al massimo è vissuta con imbarazzo per le domande senza risposta che evoca. L’appello ricorrente che si trova in queste pagine è quello della assunzione di responsabilità da parte di chi, genitore, insegnante, scrittore o che altro, è chiamato ad un rapporto con i giovani. Questa credo sia la scelta preliminare per una intesa che possa portare alla costruzione di progetti comuni.
Le idee sviluppate in questo testo sono condivise in toto da chi redige questo sito e sono quindi accolte come una sintesi preziosa dei motivi ispiratori delle pratiche che cerchiamo di condurre e sostenere.
(a.s.)