il nuovo numero della rivista GLI ASINI – n.24

Gli Asini n. 24

novembre/dicembre 2014

È sul collegamento tra gruppi e associazioni e la definizione di una linea unitaria ben più radicale di quella del lamento e dell’agire da soli che “il sociale” dovrebbe muoversi. E soprattutto su una nuova solidarietà tra “assistenti” e “assistiti”, tutte le volte che questo possa essere possibile. Il sociale dovrebbe imparare a far politica, e scegliere la strada della lotta. Se non lo farà sarà peggio per lui, perché gli assistiti troveranno altre strade per reagire alle azioni del potere, e i suoi operatori si troveranno costretti nel brutto ruolo di servi, senz’altra funzione che quella di tener buoni i poveri,i disagiati, gli oppressi.

 

se non si lotta si perde

Strumenti
Morire giovani a Napoli di Massimiliano Virgilio
Renzi come Giufà: riuscirà a uccidere la scuola? di Marcello Benfante
Quando la scuola emancipava di Goffredo Fofi
Quali fini, oggi? di Federica Lucchesini
I braccianti di Boreano degli insegnanti di una scuola di italiano per adulti
Scout, coraggio! di Pietro Barabino

Un film disturbante
Gli alunni di “Class enemy” di Gianandrea Caruso
Gli studenti e i professori di Nicola De Cilia
I buoni e i cattivi di Stefano Guerriero
L’occhio del critico di Livio Marchese

Immagini
La testa tra le nuvole di Roberto Catani

La deriva del sociale
La soluzione è la lotta
La fine dei servizi di Domenico Chirico
Nell’epoca dei “bonus” di Stefano Caredda
Uno sguardo all’indietro di Cecilia Bartoli
I problemi psicologici degli operatori di Benedetta Lorenzoni
Tra i bambini di Giovanni Zoppoli
Tra gli adolescenti di Nicola Ruganti
Lettera dei rifugiati di Tor Sapienza
Che fare? di Papa Francesco

Scenari
Educare al teatro di Giorgio Testa, incontro con Francesca Bini
Recitare per i bambini di Roberto Frabetti, incontro con Gianluca D’Errico e Dario Canè
Il padre materno. Il romanzo di Franzoso di Simona Argentieri
Il padre materno. Il saggio di Argentieri di Marco Franzoso
Il padre materno. Un romanzo e un saggio di Sara Honegger
Mamme in trincea di Maria Nadotti
La storia di Helen Keller, sorda e cieca di Matteo Schianchi
Quit the doner tra le bizzarie del presente di Nicola Villa

 

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Lettera da uno studente di Scienze della Formazione Primaria, di Giovanni Cuculi. Da “Gli Asini rivista”

Cari Asini,

cosa volete che vi scriva, che già non vi possiate immaginare? Se la situazione è disastrosa ovunque, figuratevi in una facoltà di “Scienze della Formazione Primaria”. Ci vuole poco per farsi un’idea: prendi gli ultimi vent’anni (chiamali berlusconismo, mutazione, o come vuoi), facci crescere dentro i giovanissimi, diciamo dal primo giorno di vita, e poi mandali, dopo tre o quattro lustri di televisione, scuola, eroi dell’american dream e miti sbagliati, in una facoltà in cui chi esce è automaticamente abilitato all’insegnamento.

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GLI ASINI, indice della rivista n. 18. Valutazione e meritocrazia. una introduzione

L’INDICE DELLA RIVISTA: http://www.asinoedizioni.it/products-page/rivista/gli-asini-n-18-ottobre-novembre-2013/

 

 

Lo speciale – Valutazione e meritocrazia

 

cover_asini_18Il merito è importante, ci mancherebbe. Anche noi asini ne conveniamo. La Costituzione lo sancisce con uno dei suoi passaggi più belli e con la formula più socialista e meno statalista che potesse trovare: rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale affinché ognuno, traduciamo e sintetizziamo, abbia quanto gli è necessario e dia quanto può e vuole.

Valutare – attività umana essenziale a ogni vero processo formativo, democratico, scientifico, culturale – significa in ultima istanza giudicare, criticare, prendere posizione. E in certi casi anche sancire un merito. Ma se abbiamo deciso di analizzare e sottoporre a critica con un numero speciale della rivista queste due categorie ormai penetrate in ogni ambito del discorso educativo è perché la ricaduta e gli effetti che esse hanno sul nostro sistema di istruzione e sulla pratica di insegnanti ed educatori svelano un avvenuto pervertimento del loro significato originale.

Valutazione e meritocrazia sono un esempio di quei concetti di plastica propri di una cultura allo sbando, che garantiscono il consenso perché “dicono” una cosa ma ne “fanno” un’altra. Promettono la cancellazione dei privilegi nel nome della neutralità della tecnica, ma li consolidano selezionando sulla base di criteri che poco hanno a che vedere con la libera crescita degli individui e molto con la necessità di incasellarli in ruoli predefiniti.

Pur essendo inevitabile allargare il ragionamento a tutte le mille forme in cui l’ideologia della valutazione condiziona quasi ogni ambito del lavoro sociale e culturale, non potevamo che prendere le mosse da quanto sta avvenendo a scuola. La diffusione ormai capillare in ogni ordine e grado, dalle elementari all’università, delle prove Invalsi e di analoghi sistemi di valutazione sta riducendo la didattica di maestri e insegnanti (che già non se la passava troppo bene) a un addestramento meccanico per il supermento di test standardizzati. Da una parte e dall’altra della cattedra: non è escluso che presto, con metodi simili – come in parte già è avvenuto negli Stati Uniti e come abbiamo raccontato nel primo numero della rivista – gli alunni dovranno “meritarsi” la promozione, gli insegnanti lo stipendio e i dirigenti scolastici i finanziamenti necessari al funzionamento della propria scuola. Decida il lettore se si tratti di un piano intenzionale finalizzato a produrre ignoranza e a mantenere le divisioni, in termini di opportunità, che dividono i ricchi dai poveri, o piuttosto degli effetti collaterali di una macchina tecnocratica che, una volta messa in moto, ci è sfuggita di mano. Quello che è certo è che se da anni un movimento d’opinione, di cui anche noi ci sentiamo parte, analizza, critica e svela i lati grotteschi dei test prodotti dalle agenzie nazionali e internazionali di valutazione, non altrettanto efficacemente ha saputo inventare forme di opposizione e disobbedienza che ne arginasse l’infiltrazione in ogni ambito della vita quotidiana. Se non in situazioni isolate che sarà necessario continuare a scovare e connettere come abbiamo iniziato a fare con questo numero della rivista.

Proprio nei giorni in cui stavamo chiudendo questo numero speciale degli Asini moriva Marshall Berman, lucidissimo e appassionato critico sociale, il cui sguardo eclettico, anarchico e ironico lo distingueva dalla schiera lagnosa e rassegnata di tanti suoi “colleghi” critici della modernità. Il suo modernismo era molto semplicemente un’adesione totale e incondizionata al piacere della sfida, della critica, della pulsione creativa. Alla vita, insomma, ovunque essa si annidasse. Modernità e sue aberrazioni comprese. “Essere moderni”, scrisse lui a introduzione del suo capolavoro,L’esperienza della modernità, noi a viatico di questo numero degli Asini, “vuol dire vivere una vita imperniata sul paradosso e sulla contraddizione. Vuol dire essere continuamente sopraffatti da immense organizzazioni burocratiche che hanno il potere di controllare e, spesso, di distruggere ambienti, valori e vite. E tuttavia proseguire imperterriti nella propria determinazione di tener testa a queste forze, di combattere per cambiare il mondo e farlo proprio. Vuol dire essere rivoluzionari e conservatori a un tempo: consci delle nuove possibilità d’esperienza e d’avventura, terrorizzati dagli abissi nichilistici a cui conducono tante avventure moderne, desiderosi di creare qualcosa di reale proprio mentre tutto si dissolve nell’aria.” (Gli asini)

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La scuola che verrà. Test e meritocrazia negli Usa, di Francesca Nicola. Dal n. 18 de “GLI ASINI”

Gli esiti problematici dell’ultima riforma della scuola americana tesa a migliore gli standard educativi attraverso una precisa valutazione dei risultati scolastici degli alunni, della professionalità dei singoli docenti e dell’efficienza degli istituti. L’uso sistematico dei test per favorire la trasparenza meritocratica rischia di scoraggiare lo spirito critico, costruire intelligenze contabili e spingere gli insegnanti a scorrettezze pur di salvare il posto di lavoro.

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