TUTTAUNALTRASCUOLA, 10-11 settembre 2016. Presentazione del seminario di autoformazione per futuri insegnanti tenuto da Andrea Sola

Durane il seminario percorreremo a ritroso i vostri anni scolastici in modo da renderceli il più possibile presenti, cercando di guardare negli angoli nascosti di quelle esperienze per coglierne gli aspetti più significativi e duraturi.

Le domande a cui vi chiederemo di rispondere inizialmente serviranno a cercare di togliere un po di ragnatele dalla memoria di quegli anni, affinché possiate, attraverso il racconto pubblico, acquisire punti di vista nuovi su di essi.

Dopo che avremo passato un po di tempo ad evocare il passato, proveremo a porci delle domande sulla qualità di quelle esperienze, sul senso e il peso che hanno avuto nella vostra evoluzione, anche rispetto al vostro progetto di occuparvi di infanzia e di relazioni con i più giovani.

Per questo ci aiuteremo con dei materiali video che presentano testimonianze di bambini ed adolescenti che hanno potuto sperimentare percorsi molto diversi da quelli usuali, così da provare a fare qualche riflessione su come costruire a vostra volta, quando vi troverete ad essere voi dalla parte degli adulti, delle esperienze che abbiano un vero valore formativo, senza ricadere nei consueti stereotipi educativi.

Verrà inoltre presentata la sezione del sito www.educareallaliberta.org in cui è possibile conoscere direttamente alcune pratiche scolastiche particolarmente interessanti sia in Italia che all’estero.

Verranno fornite informazioni sulle opportunità formative e sulla costruzione di una rete di comunicazione tra giovani accomunati dagli stessi interessi (l’Archivio educatori).

In questo percorso, a partire dai giudizi e dalle impressioni che avevate allora, proveremo a mettere in discussione gli aspetti negativi e positivi di quelle esperienze e verificare insieme il nostro attuale grado di consapevolezza di fronte ad esse.

Perchè un fatto che credo senz’altro si possa affermare con sicurezza, è che la condizione di “minore” è una condizione di disagio esistenziale, con tutte le progressive escalation di possibili sofferenze sempre più gravi che ben conosciamo; una condizione che tutti abbiamo vissuto con la speranza che passasse presto. E’ ben raro trovare qualcuno che non sia troppo avanti con gli anni che abbia nostalgia dell’adolescenza (poi con l’età si dimentica e si tende ad idealizzarla, ma in realtà solo perchè la vita presente fa così schifo che si tende a rivalutare il passato comunque!); quanto all’infanzia, essa è spesso oggetto di rimozioni che ce la rendono una età per la più parte avvolta nella nebbia dell’indeterminatezza.

Prendere coscienza di tutti gli aspetti di questa condizione è un passo che credo sia doveroso compiere se ci stiamo accingendo ad affrontare queste relazioni stando dall’altra parte della barricata.

La relazione con gli adulti che il bambino o l’adolescente sperimenta nel corso degli anni della sua crescita è quella di essere in una posizione di inferiorità, che viene vissuta come qualcosa di pietrificato, di dato, di indiscutibile, come fosse una caratteristica “naturale” l’essere considerati così.

Ciò fa si che non si possa fare nulla se non accettarla in toto, o, ad un certo punto per alcuni, rifiutarla ‘reattivamente’, assumendo un atteggiamento oppositivo ma comunque impotente e oneroso psichicamente.

Entrambe queste attitudini hanno in comune la visione di questi rapporti come qualcosa di immodificabile, da far passare il più rapidamente possibile proprio perchè è una condizione vissuta in maniera prevalentemente passiva.

Questo ci espone ad assimilare questo ruolo gregario ed a considerarlo, una volta che ci sentiamo in grado di comportarci in maniera autonoma (anche noi degli adulti finalmente), come l’unico possibile atteggiamento da assumere nei confronti dei non adulti. In fondo l’idea stessa di “educazione” si basa su questo presupposto: far ripercorrere ai più giovani le stesse tappe della nostra crescita (che brutalmente si potrebbe definire “rendere pan per focaccia”).

Le soluzioni a questo che possiamo senza esitazione definire un conflitto generazionale non stanno credo nell’adozione di “tecniche” o accorgimenti vari che addolciscano o ‘umanizzino’, come si suol dire, la nostra relazione di prevalenza verso i più giovani, ma devono riguardare la possibilità di far maturare in noi stessi degli anticorpi che tengano a freno questo istinto alla coazione a ripetere le esperienze che abbiamo vissuto sulla nostra pelle con chi si trova ad incarnare il noi infantile che eravamo. Che questa operazione di riproposizione assuma i nomi più diversi, ammantando il tutto di nobili ideali e propositi (tutti dichiarano di agire a fin di bene e sono effettivamente in buona fede affermandolo, in quanto convinti di stare esercitando un diritto inalienabile dell’adulto nei confronti dell’infanzia ) non ci deve impedire di riconoscere che al fondo di questi atteggiamenti di ripetizione (spesso del tutto inconsapevoli o semiconsapevoli) si cela la ricerca di gratificazione nell’esercizio di un rapporto autoritario con i più giovani. Forse i ventenni sono ancora in tempo per non essere catturati dall’ansia pedagogico/educativa, ma solo a patto che sappiano mantenere viva la memoria delle esperienze appena conclusesi. Dopo, forse, sarà troppo tardi.

Andrea Sola

(redattore del sito www.educareallaiberta.org e animatore del CENTRO PANDORA di Mestre Venezia)