Il diritto di apprendere liberamente, di John Holt

I ragazzi dovrebbero avere il diritto di regolare e gestire il loro apprendimento; vale a dire, decidere cosa imparare, quando, dove, come, quanto, con quali tempi e aiuto.

Il diritto di apprendere liberamente
 di John Holt,
tradotto da Barbara Cerboni
Pubblicato e tradotto in italiano con il permesso da Holt Associates.

62505_432390946403_5135882_nI ragazzi dovrebbero avere il diritto di regolare e gestire il loro apprendimento; vale a dire, decidere cosa imparare, quando, dove, come, quanto, con quali tempi e aiuto. Per essere ancora più precisi, vorrei che gli fosse riconosciuto il diritto di decidere se, quando, quanto e da chi ricevere insegnamento, il diritto di decidere se questo avverrà a scuola, e in tal caso, di scegliere la scuola e i tempi di frequenza.  Nessun diritto umano, tranne il diritto alla vita stessa, è più fondamentale. La libertà di imparare è parte della libertà di pensiero di una persona, è ancora più essenziale della libertà di parola. Togliere a qualcuno il diritto di decidere ciò di cui essere curioso, vuol dire distruggerne la libertà di pensiero. Significa imporgli di pensare a ciò che interessa e sta a cuore ad altri, piuttosto che a lui.

Potremmo chiamarlo diritto alla curiosità, il diritto di fare le domande che riteniamo importanti. Come adulti, ci sembra naturale il fatto di avere diritto a decidere cosa ci interessa o meno, cosa approfondire e cosa tralasciare. Questo diritto lo diamo per scontato, non possiamo immaginare che possa esserci tolto. Eppure, per quanto ne sappia, non è mai stata scritta una legge in proposito. Neppure chi ha scritto la nostra Costituzione ne ha fatto menzione. Pensavano che fosse sufficiente garantire ai cittadini libertà di parola e libertà di diffondere le proprie idee secondo volontà e possibilità. Non avevano pensato che un governo arrivasse a essere tanto tirannico da cercare di controllare la mente di una persona, ciò che pensa e che sa. L’idea sarebbe venuta più tardi, sotto le benevole spoglie dell’istruzione universale obbligatoria.

Attualmente il diritto di imparare liberamente è in pericolo. Inserendo nel sistema legislativo la nozione estremamente autoritaria secondo cui qualcuno deve e può decidere per l’istruzione di tutti i giovani, potendo fare, per di più, qualunque cosa appaia necessaria per costringerli (al momento, anche prescrivere farmaci), stiamo scivolando lungo una china molto ripida e pericolosa. Pretendere che un bambino vada a scuola per circa sei ore al giorno, 180 giorni all’anno, per circa dieci anni, sia che impari qualcosa oppure no, sia che sappia già o che potrebbe imparare meglio o più velocemente altrove, è una tale grossolana violazione delle libertà civili che pochi adulti potrebbero tollerarla. Ma il bambino che si ribella è trattato come un criminale.

Il diritto che invoco per i ragazzi vorrei difenderlo per tutti noi, ed è il diritto di decidere cosa far entrare nel nostro cervello. C’è in gioco molto di più che non decidere se andare a scuola e in quale, o quando, o per quanto tempo. Questo è importante, ma è solo parte di un diritto più generale e più basilare, che potrei chiamare diritto a imparare, dove il concetto è contrapposto a quello di ricevere un’educazione (essere obbligati a imparare ciò che altri hanno deciso). Non si tratta solo di scolarizzazione obbligatoria, è l’educazione obbligatoria a cui mi oppongo, e che vorrei abolire.

Il fatto che i bambini possano autoregolare l’apprendimento, avendo in particolare il diritto di decidere con quali modalità andare a scuola, spaventa e indigna molte persone. Mi chiedono: “Intendi dire che se i genitori vogliono mandare a scuola il figlio, e lui non vuole andare, allora non dovrebbe andare? Intendi dire che se i genitori vogliono che il figlio vada in una determinata scuola, e lui vuole andare in un’altra, allora avrebbe diritto a scegliere?” Si, è ciò che intendo. Certi dicono: “Se la scuola non fosse obbligatoria, forse molti genitori ritirerebbero i figli per sfruttarli facendoli lavorare”. Affermazioni di questo tipo sono spesso ostentate e ipocrite. Chi le fa assume e deduce (benché raramente lo dica) che, rispetto a lui, questi cattivi genitori sono persone meno facoltose e scolarizzate. Inoltre, anche se apparentemente difende il diritto dei bambini ad andare a scuola, ciò che realmente fa è difendere il diritto dello stato a obbligarli, sia che vogliano andarci oppure no. Ciò che vuole, in breve, è che i bambini vadano a scuola, non che abbiano la possibilità di sceglierlo.

Ma dire che i bambini dovrebbero avere diritto di scegliere se andare oppure no a scuola non significa che le idee e le aspettative dei genitori non contino. A meno che non viva lontano dai genitori o sia ribelle nei loro confronti, un bambino ha molto a cuore quello che i genitori pensano e desiderano. Per lo più non vuole farli arrabbiare, né dispiacerli, né contrariarli. Oggigiorno nelle famiglie dove i genitori sentono di poter fare delle scelte in merito, si discute molto sulla scuola. Questi genitori, quando i figli sono piccoli, spesso chiedono loro se vogliono andare all’asilo o alla scuola materna. O magari li portano a scuola per qualche tempo per provare. O ancora, se hanno più scuole tra cui scegliere, li portano in diverse scuole per selezionare la migliore. In seguito controllano che al bambino piaccia la sua scuola. Se non gli piace, provano a fare qualcosa in proposito, per esempio lo ritirano e ne cercano un’altra.

Conosco dei genitori che per anni si attengono a degli accordi presi con i figli. “Se un giorno ti capita di non riuscire neanche a pensare alla scuola, se non ti senti bene, o hai paura di qualcosa che può succedere, o c’è qualcosa che hai proprio voglia di fare, bene, puoi stare a casa”. Inutile dire che le scuole, con tutti i loro esperti, combattono questa idea con tutti i mezzi in loro potere: Non Darla Vinta A Tuo Figlio, Fallo Andare A Scuola, Deve Imparare. Alcuni genitori, quando hanno la possibilità di fare un viaggio interessante, portano con sé i propri figli. Non chiedono permesso alla scuola, partono e basta. Se il bambino non vuole partecipare al viaggio e preferisce andare a scuola, si organizzano perché possa farlo. Alcuni genitori, quando il figlio è spaventato, infelice e sofferente a scuola, come capita a molti bambini, semplicemente lo ritirano. Hal Bennett, nel suo eccellente libro “No more public school”, parla di come si può fare.

Dire che i bambini abbiano diritto di autoregolare e gestire l’apprendimento, di scegliere se andare a scuola oppure no, non significa che la legge debba vietare ai genitori di esprimere un’opinione, un’aspirazione o un forte desiderio in proposito. Significa solo che se la loro autorità naturale non è forte abbastanza, non possono chiamare la polizia per obbligare il bambino a fare ciò che non riescono a convincerlo a fare. E la legge dovrebbe prevedere un limite alla pressione o coercizione che i genitori possono porre al bambino per negargli una scelta che legalmente abbia diritto a compiere.

Quando raccomando che i bambini gestiscano il proprio apprendimento c’è un’obiezione che viene sollevata così spesso che sento di poterla anticipare e rispondere direttamente. Secondo questa obiezione le scuole sono un posto dove ai bambini sarebbe garantita la protezione dalla cattiva influenza del mondo esterno, in particolare dall’avidità, dalla disonestà e dal consumismo. Inoltre a scuola i bambini conoscerebbero uno stile di vita più degno, in cui le persone agiscono per motivi diversi e migliori rispetto all’avidità e alla paura. La gente dice: “Sappiamo quanto male c’è nella società, che quanto prima minaccerà e rovinerà i bambini. Ma se li lasciamo andare quando vogliono, sarebbero compromessi e rovinati ancora prima.”

Queste persone sembrano credere che le scuole siano posti migliori, più dignitosi rispetto al mondo esterno; una volta un mio amico di Harvard l’ha chiamato “museo delle virtù”. Pensano che le persone a scuola, sia bambini che adulti, siano mosse da motivazioni più alte e nobili rispetto a quanto accade nel mondo reale. In questo si sbagliano. Naturalmente esistono buone scuole. Ma nel complesso, lungi dall’essere l’opposto, o l’antidoto, del mondo esterno, con tutta la sua rivalità, paura, avidità e competitività ossessiva, la scuola gli assomiglia molto. Forse è ancora peggio, una terribile, astratta e semplificata caricatura. Al di fuori della scuola, quanto meno, esiste del lavoro fatto bene e con onestà, per il piacere di farlo e non solo per avere successo; le persone non sono sempre e ovunque poste in competizione tra loro; non sono (perlomeno non ancora) soggette in ogni momento della loro vita agli insindacabili e arbitrari ordini e giudizi di altre persone. Ma in molte scuole, uno studente fa sempre quello che altri gli dicono di fare, è soggetto al loro giudizio, e si trova in situazioni in cui può vincere solo a spese di altri.
Questa è una dura critica. Fatemi ripetere, ancora una volta, che le scuole sono peggiori delle persone che ci stanno dentro, e che molte di queste persone fanno cose dannose che preferirebbero non fare, e molti altri guai di cui neppure si rendono conto. La scuola nel complesso è molto peggiore della somma delle sue parti. Pochissime persone negli Stati Uniti oggi (o forse ovunque e in ogni tempo), indipendentemente dalla professione, hanno in mano tanto potere quanto quello che la scuola conferisce a gran parte degli insegnanti sugli studenti. Credo che le scuole siano tra le istituzioni più antidemocratiche, autoritarie, distruttive e pericolose della società moderna. Nessuna altra istituzione fa più danno o danno più persistente a più persone, distrugge di più la loro curiosità, indipendenza, fiducia, dignità e senso di identità e valore. Persino le scuole più morbide sono inibite e compromesse dal fatto che bambini e insegnanti sanno, allo stesso modo, di agire per il giudizio e l’approvazione di altri: i bambini per quello degli insegnanti; gli insegnanti per quello dei genitori, dei superiori, dei comitati scolastici, o dello stato. Nessuno è mai libero dalla sensazione di essere sempre giudicato, o sul punto di esserlo. Anche dopo le migliori esperienze scolastiche gli insegnanti dovrebbero chiedersi: “Abbiamo fatto bene a fare così? Possiamo dimostrarlo? Il nostro comportamento creerà problemi?”

Ciò che danneggia la scuola, e che la rende così tanto peggiore di chi la frequenta, o di come la si vorrebbe, è il suo potere, proprio come nuoce agli studenti il fatto di esserne privi. La scuola è compromessa dalle infinite ansiose richieste dei genitori di sapere come va il figlio (cioè se è avanti rispetto agli altri), e dalla pretesa che continui ad andare bene. Le scuole non proteggono i bambini dal male del mondo esterno. Sono almeno tanto malsane quanto quest’ultimo, e il danno che fanno ai bambini in loro potere crea gran parte dei problemi. La malattia del mondo moderno è per molti versi una malattia indotta dalla scuola. È nella scuola che moltissime persone imparano ad aspettarsi e ad accettare che ci sia sempre un esperto che li dispone in qualche tipo di graduatoria o gerarchia. È nella scuola che incontriamo, ci abituiamo e impariamo a credere nella società totalmente controllata. La scuola è ciò con cui più ci siamo avvicinati a “Il Mondo Nuovo” di Huxley, con la divisione in caste (alfa, beta, gamma, epsilon), e persino con le droghe (il soma) (1). Tutti, bambini compresi, dovrebbero avere il diritto di dire “No”.

note:
(1)Nel romanzo di Aldous Huxley Il Mondo Nuovo gli esseri umani sono divisi in caste chiamate alfa, beta, delta, gamma, epsilon.
 La casta alfa consiste degli individui destinati al comando, i beta coprono incarichi amministrativi che richiedono un’istruzione superiore, ma senza le responsabilità del comando. Le tre caste inferiori sono le gamma, delta e epsilon in grado decrescente di intelligenza.
 Ogni individuo viene indottrinato ad amare la propria collocazione sociale, il colore della propria uniforme, la vita cui sarà destinato per la casta cui appartiene. Come “rimedio” per ogni eventuale infelicità, agli individui viene fornito un medicinale chiamato soma, in realtà una droga euforizzante e antidepressiva, garantendo così un ulteriore controllo della popolazione.
(fonte nota: http://it.wikipedia.org/wiki/Il_mondo_nuovo)
Qui per leggere l’articolo/estratto originale.
Brano estratto da Escape from Childhood: The Needs and Rights of Children, di John Holt; New York: Ballantine Books, 1974.
Pubblicato e tradotto in italiano con il permesso da Holt Associates. Per chiedere informazioni , scrivere a info(AT)HoltGWS.com.