Tre articoli sulla Finlandia. Il racconto di un insegnante elementare americano trasferitosi ad Helsinky, una sintesi del suo funzionamento e un resoconto approfondito sulla evoluzione del sistema scolastico.

Una scuola dell’altro mondo: la Finlandia

Le scuole finlandesi organizzano l’insegnamento in blocchi orari di 45 minuti di lezione, ciascuna seguita da 15 minuti di intervallo. Gli studenti non hanno quasi mai due lezioni consecutive senza intervallo e, nella scuola primaria, gli intervalli si svolgono all’esterno, all’aperto, sia che ci sia il sole sia che piova.
Lo racconta, senza nascondere il suo smarrimento, un insegnante elementare americano trasferitosi ad Helsinky.

Alcuni mesi fa, mi sono trasferito con la mia famiglia da Boston a Helsinki, in Finlandia. Ad essere sinceri, non ho avuto nessun particolare shock nei confronti della loro cultura, probabilmente perché mia moglie è finlandese.
Ma uno shock l’ho decisamente provato entrando in classe, una 5^ primaria in una scuola pubblica finlandese, dove ora svolgo il mio lavoro di insegnante. Un capovolgimento totale della mia impostazione pedagogica, della mia mentalità di insegnante americano—a shifting of my pedagogical mindset . Con la mia famiglia abbiamo programmato di rimanere a vivere in Finlandia, ma non posso esimermi dal pensare come mi comporterei se dovessi tornare ad insegnare in una scuola americana. Finora ho individuato tre cambiamenti radicali rispetto al mio modo di insegnare a Boston

Più intervalli nell’orario scolastico

Le scuole finlandesi organizzano l’insegnamento in blocchi orari di 45 minuti di lezione, ciascuna seguita da 15 minuti di intervallo. Gli studenti non hanno quasi mai due lezioni consecutive senza intervallo e, nella scuola primaria, gli intervalli si svolgono all’esterno, all’aperto, sia che ci sia il sole sia che piova.

Durante la mia prima settimana di insegnamento non riuscivo a capire e ad adattarmi a questa organizzazione. Programmavo lezioni consecutive in modo da dare ai miei alunni meno intervalli, ma più lunghi. Nel bel mezzo di una lezione uno dei miei allievi mi ha detto: “Sento che sto per scoppiare. Quand’è che facciamo l’intervallo?” Questa frase ha segnato una svolta per me. Da quel momento ho cambiato il modo di organizzare le lezioni e ho cominciato a notare che gli studenti erano più freschi quando tornavano in classe dopo questi intervalli brevi ma frequenti. Gli intervalli aiutano i bambini a tenere il ritmo.

Se torno con la memoria agli Stati Uniti, mi vengono mi mente giornate in cui dovevo costringere i miei alunni a lavorare anche quando avrebbero voluto fare altro. L’idea di concedere intervalli non mi passava nemmeno per la testa. Ora sono assolutamente convinto che intervalli regolari aiutino gli studenti a tenere un giusto equilibrio e a mantenersi freschi per tutto il giorno. Se tornassi in America programmerei delle pause per il corpo e per la mente come parte integrante dei ritmi scolastici. E possibilmente cercherei di portare i ragazzini fuori, all’aperto, durante questi intervalli.

Pause di ristoro anche per gli insegnanti

All’inizio ero riluttante ad entrare in sala insegnanti. Vedevo i 15 minuti di intervallo come tempo da dedicare all’organizzazione della lezione successiva e rimanevo in classe. Un comportamento assolutamente normale in una scuola americana. Ma alcuni miei colleghi finlandesi, dopo aver notato questo mio comportamento, cominciarono a preoccuparsi che io potessi “scoppiare”. Mi incitarono a trascorrere più tempo in sala insegnanti, a bere un caffè con i colleghi. Ho accolto il loro consiglio e ho scoperto che questi intervalli non “rinfrescavano” solo gli studenti , ma servivano anche a me per ricaricarmi.

Naturalmente la maggior parte degli orari di insegnamento dei docenti americani non consente questi continui 15 minuti di pausa tra le lezioni. Non voglio dire che si debba contrattare un orario siffatto, ma occorre assumere questa mentalità quando si insegna ai ragazzi. I colleghi finlandesi mi hanno insegnato che le pause consentono agli insegnanti di essere più efficaci. Mi hanno spiegato che l’insegnamento è una maratona, non è uno sprint di 100 metri. E’ importante rallentare, in modo da poter completare con successo la corsa che dura un intero anno scolastico Se tornassi in una classe americana cercherei di trovare il modo di “decomprimere” la giornata scolastica, approfitterei di qualsiasi opportunità per rinfrescare mente e corpo. Qui in Finlandia distogliermi regolarmente dal lavoro mi ha aiutato ad essere un insegnante migliore.

Più autonomia agli studenti

In America, la mia filosofia, all’inizio di ogni anno scolastico, è sempre stata quella di prendere per mano gli alunni e di non lasciarli finchè non fossero stati in grado di essere autonomi. Cominciavo ogni anno scolastico insegnando ai bambini una lunga lista di routines e di procedure.

Quest’anno le cose non sono andate come da programma. Per esempio volevo insegnare ai miei alunni di quinta a camminare in silenzio in fila, ma durante la mia prima settimana di scuola mi sono reso conto che gli alunni si muovevano autonomamente da una classe all’altra fin dal primo anno della primaria. Inoltre quasi tutti gli alunni di questa scuola pubblica finlandese ( che copre dalla prima alla nona classe, cioè tutto l’obbligo) vengono a scuola da soli. Insegnare loro a spostarsi in fila non solo sarebbe stato inutile ma anche un po’ offensivo. Sebbene i bambini finlandesi appaiano molto più autonomi di quelli americani, non è che possiedano il “gene dell’autonomia”. Il fatto è che loro hanno, a scuola e a casa, molte più opportunità di fare le cose da soli senza essere continuamente controllati ed aiutati. I miei alunni di quinta hanno voluto organizzare una vendita di dolci e di altri cibi per raccogliere fondi. Sinceramente all’inizio la cosa non mi ha fatto impazzire di gioia. Era un’altra incombenza da gestire. Alla fine mi sono arreso e loro mi hanno letteralmente impressionato. Hanno disegnato gli annunci pubblicitari, creato un banner della classe e hanno portato una quantità incredibile di cose da mangiare. Tutto è stato fatto assolutamente senza la mia direzione. Ho fatto un po’ di supervisione, ma nulla più.

Se dovessi tornare negli Stati Uniti , darei ai miei studenti più opportunità di lavorare senza aiuto, senza scaffolding. Non fraintendetemi. Alcuni studenti hanno bisogno di essere sostenuti – in particolare in USA, considerate le differenze culturali che esistono- ma darei a tutti molta più autonomia di “tuffarsi” da soli nelle cose da fare. Insegnare in Finlandia mi ha fatto scoprire che a Boston seguivo automaticamente alcune routine pedagogico-organizzative, senza averle mai assunte consapevolmente e tanto meno criticamente. Ora ho più consapevolezza rispetto ai diversi modi in cui si può organizzare la giornata scolastica, quali sono i giusti ritmi da seguire per ottenere migliori risultati in termini di benessere e di apprendimento.

Fonte: Associazione Docenti Italiani, 13/01/2014

 

 

 

Finlandia, una scuola da imitare

 

Istruzione: Finlandia, una scuola da imitare

 

Non ci sono voti fino a 13 anni e si impara facendo; ci sono insegnanti di sostegno; si imparano tre lingue e i docenti sono accuratamente selezionati e addestrati ma non strapagati. Ecco i segreti della scuola finlandese, la scuola migliore del mondo. L’inchiesta di Focus.

Secondo i dati dello studio Pisa (Programme for international study assessment), condotto su 400mila 15enni di 57 Paesi, i ragazzi finlandesi sono i meglio preparati in lingua, matematica e scienze. Gli italiani decisamente meno: uno su quattro non capisce ciò che legge e uno su due manca delle nozioni di base in matematica.Quali sono i segreti della scuola finlandese? Ecco che cosa emerge dall’inchiesta di Focus (11/2008).

  • I bambini vanno quasi tutti all’asilo nido e poi alla scuola materna dello stesso distretto. Il che consente grande omogeneità educativa: fin dalla prima infanzia si coltivano autoriflessione, senso di responsabilità, empatia e collaborazione. Qualità ideali per l’apprendimento.
  • La scuola inizia a sette anni compiuti, quando il cervello è al giusto stadio di maturazioneper apprendere. Il 99,7% dei bambini (immigrati e rom compresi) termina la scuola nove anni dopo, “nessuno escluso”, come dice la legge istitutiva della scuola.
  • Per la pedagogia finlandese sono gli insegnanti a dover capire gli alunni, non il contrario. Un insegnante in una classe di 25 alunni deve quindi sviluppare diverse strategie. Es. sostegno ad hoc per chi ha difficoltà di apprendimento, giochi ed esercizi per aiutare i bambini stranieri a superare le barriere linguistiche e culturali. Tutte le scuole hanno un team di insegnanti e psicologi.
  • I docenti vengono selezionati accuratamente. Nel 2005 è stato accolto solo il 6,5% dei 4.500 candidati per frequentare le facoltà che preparano gli insegnanti. I migliori vengono formati per cinque anni, su come far divertire i ragazzi, catturare la loro attenzione e fare in modo che imparino. Seguono 120 ore di praticantato, un semestre sotto sorveglianza e un tutor durante i primi tre anni ‘di ruolo’. Lo stipendio è sotto la media europea.
  • In classe, fino ai 13 anni, niente voti e le interrogazioni non hanno nulla a che fare con giudizi punitivi o selezioni. La pedagogia finlandese parte dalla convinzione che tutti i bambini possano imparare a leggere, scrivere, fare di conto e parlare tre lingue come imparano a correre e parlare, senza umiliazioni.
  • Si impara facendo. Un fare che è sperimentare l’apprendimento con i 44 sistemi sensoriali.Già Albert Einstein diceva “che apprendere significa sperimentare. Il resto è solo informazione”.
  • Finiti i primi nove anni di scuola, ne seguono tre di scuola superiore. Il 53% degli alunni finlandesi (quelli con i voti migliori) continua nelle scuole superiori di carattere umanistico, mentre il 39% va alle scuole superiori tecniche.

 

Cambiare un sistema scolastico si può

La riforma che ha cambiato la scuola in Finlandia

articolo tratto dal sito Norbero Bottani website

In questo articolo si descrive il cambiamento del sistema scolastico finlandese sull’arco di 40 anni, dal 1972 al 2002.

Cambiare un sistema scolastico si può

I sistemi scolastici sono in crisi ovunque. Taluni riescono a cambiare in fretta, altri invece affondano nel pantano. Due generazioni fa per esempio la Corea del Sud era all’altezza dell’Afghanistan dal punto di vista economico. Oggi invece è uno dei Paesi con uno dei sistemi scolastici migliori al mondo ed è alla punta dell’evoluzione tecnologica. Stessa cosa per la Finlandia. Negli anni 50, la Finlandia era un paese poverissimo e il livello medio d’istruzione della popolazione era basso:metà della popolazione aveva solo una licenza di scuola elementare. Adesso la Finlandia ha un sistema scolastico invidiato e studiato da tutti. Nel corso di pochi decenni questi due sistemi scolastici hanno cambiato faccia. Ci sono strategie migliori di altre per cambiare i sistemi scolatici? Come procedere? Si può cambiare? La risposta è univoca: senza dubbio, sì, si può cambiare. Anzi si deve farlo, ma come?

Strategie di riforma scolasticaUno dei problemi più ardui da risolvere quando si ha a che fare con una riforma scolastica è quello della strategia di cambiamento. La questione è eminentemente politica, nel senso che deve tenere conto delle procedure decisionali in voga in un determinato contesto socio-politico, ed è anche scolastica poiché non si possono ignorare le peculiarità di un sistema scolastico che si vuole cambiare, i rapporti di forza che lo strutturano, i gruppi di potere annidati nelle viscere del sistema. Per vincere la partita, ossia per ri-formare (alla lettera) un sistema scolastico occorre tenere conto di entrambe le dimensioni : come si vince una riforma sul piano politico e come si realizza una riforma sul piano scolastico. In entrambi i casi si devono individuare gli ostacoli reali o potenziali tali da fare naufragare anche la riforma migliore.Ci sono sistemi scolastici che riescono a cambiare pelle dall’oggi all’indomani, per esempio quello neo-zelandese o quello svedese, ed altri invece che non cambiano mai e che sembrano del tutto incartapecoriti, come per esempio quello italiano oppure quello statunitense.

Le strategie di riforma non sono esportabili per le ragioni esposte prima : i vari sistemi scolastici hanno alle spalle molto spesso una lunga vicenda amministrativa e culturale, sono il frutto di una storia politica nella quale i rapporti di potere tengono un ruolo di primo piano, sono plasmati da filosofie dello stato e della politica scolastica peculiari ed infine si appoggiano su apparati amministrativi e di gestione “sui generis”. Non si puo’ copiare in questo campo. Nondimeno è utile sapere cosa succede nei vari sistemi scolastici, comparare quelli che riescono a trasformarsi e quelli che invece marciano sul posto. In questo modo se ne potrebbe trarre una lezione politica non banale.

Il caso della Finlandia

Quarant’anni fa la scuola finlandese era tutt’altro che brillante. Non aveva nulla di speciale da segnalare. Per dirla in breve, il sistema scolastico era mediocre, modellato come quello tedesco (quello della Repubblica Federale di Germania, o Germania dell’ Ovest come si diceva allora, con capitale Bonn) ossia con una breve scuola primaria alla fine della quale pochi andavano al liceo-ginnasio, la maggioranza andava a lavorare e una piccola parte poteva ricevere una formazione professionale semplice di un paio d’anni. Il sistema scolastico finlandese non era molto diverso da quello italiano : la proporzione dei laureati , agli inizi degli anni 50, era assai bassa e la maggioranza della popolazione aveva solo una licenza di scuola elementare. In Italia, invece, l’istruzione primaria universale nel primo dopo guerra non era ancora generale e la proporzione degli analfabeti nella popolazione adulta era elevata. Dal punto di vista economico la Finlandia era un paese povero, come l’Italia ; il livello di vita, sempre agli inizi degli anni 50, della Finlandia era pari a quello della Svezia nel 1910.

La riforma scolastica del 1972

Nel 1972 si decise di riformare totalmente il sistema scolastico adottando il modello scandinavo, ossia quello che si potrebbe definire un modello a due livelli : una scuola di base unica, di nove anni e un insegnamento secondario superiore corto di tre anni. Per calmare le acque, ossia per tranquillizzare le opposizioni di ogni genere, si lavorò dapprima sui curricoli della nuova scuola unica. Si accettò anche un modello ibrido di scuola unica, con gruppi omogenei per abilità d’apprendimento alla fine della scuola di base. Questa differenziazione fu abolita a metà degli anni Ottanta. Da allora in poi, la scuola di base, che inizia a sette anni e finisce a 16, è unica e uguale per tutti. L’indagine PISA è dunque somministrata a studenti che si trovano nella scuola di base, in gruppi eterogenei per capacità di apprendimento e non come in Italia a quindicenni che in maggioranza frequentano il primo o il secondo anno del biennio dell’insegnamento secondario di secondo grado.

Il cambiamento del sistema scolastico con l’abrograzione delle filiere e della selezione precoce iniziò nel 1972 e fu scaglionato su cinque anni. Le ultime scuole uniche furono create nel 1977. La riforma è iniziata nel Nord della Finlandia e via via fu estesa a tutto il paese. Questa strategia graduale di cambiamento fu applicata più tardi, negli anni 80, anche in Spagna. Si può dunque cambiare gradualmente e non in modo brutale, questa è una prima lezione da ritenere.

La riforma scolastica del 1972 abolì la selezione precoce e creò una scuola di base di 9 anni. Il sistema funziona tuttora anche senza la scuola materna che dura solo un anno (per i bambini dai sei ai sette anni) e non è obbligatoria. Si tratta di un sistema che in un certo senso va controcorrente perché non adotta le raccomandazioni delle organizzazioni internazionali e in un altro senso invece è all’avanguardia perché ha fatto proprie tutte le idee chiave della personalizzazione, del socio-costruttivismo, della rendicontazione (“accountability”), della ricerca scientifica sugli apprendimenti effettuata nel corso del XX secolo.

Tra il 1970 e il 2000 : un impressionante salto di qualità in trent’anni

L’indagine PISA ha rivelato che i quindicenni finlandesi, nel 2000, erano tra i più brillanti in un test internazionale di comprensione della lettura, esito che fu poi confermato nei test di cultura matematica e scientifica, svolti rispettivamente del 2003 e 2006. Segnali precursori del successo erano giunti dai risultati dell’indagine dell’IEA sulla lettura (l’indagine “Reading Literacy” del 1991) nella quale i tredicenni finlandesi erano già tra i migliori.

Nell’indagine PISA del 2000 non solo la media dei punteggi dei quindicenni finlandesi era al top della classifica dei risultati, ma la proporzione di quindicenni con punteggi nel decile degli studenti più bravi era elevatissima e i punteggi dei quindicenni meno bravi erano spesso superiori alla media dei punteggi dei loro coetanei più bravi in altri sistemi scolastici.

Cosa era successo nel frattempo ? Ecco il problema che ci interessa. Cosa è stato fatto in Finlandia per ottenere un risultato di questo genere che ha sorpreso gli stessi finlandesi ? Non se l’aspettavano nemmeno loro. Non immaginavano affatto che la loro scuola di base funzionasse così bene almeno per quel che riguarda la valutazione secondo la metodologia applicata nell’indagine PISA, la quale non è stata affatto concepita da Finlandesi e non è stata neppure costruita per valutare il sistema scolastico finlandese.

Gli antecedenti della riforma del 1972

Le basi remote e profonde della riforma scolastica in Finlandia sono di natura economica. Alla fine della seconda guerra mondiale occorreva uscire dalla miseria e dalla povertà. La classe politica finlandese, che aveva dovuto fare i conti con i sovietici durante il conflitto mondiale, ha optato dopo gli anni 50 per una conversione verso un’economia basata sulla conoscenza. Ci sono pochi esempi al mondo di sistemi economici che hanno trasformato in pochissimi anni la loro struttura industriale e produttiva per adottarne una imperniata sugli investimenti nel settore della conoscenza. In Finlandia questa trasformazione è stata radicale a decorrere dagli anni 80 [1]. Il sistema scolastico ha in parte anticipato e in parte subito questa evoluzione.

Una strategia di riforma graduale, lenta, permanente

La riforma del 1972 non fu un fulmine a ciel sereno ma fu preparata dai lavori di tre commissioni volute dal Parlamento, ognuna delle quali ha formulato raccomandazioni che messe assieme hanno concorso alla costituzione di un sistema scolastico equo, efficace e eccellente.

  • La prima commissione fu creata subito dopo la guerra, nel 1945. Il Parlamento uscito dalle prime elezioni era composto da tre partiti di forza pressoché uguale : il partito socialdemocratico, quello agrario-conservatore e il partito comunista. Questa commissione svolse un lavoro brillante, imperniato sull’organizzazione e il curricolo della scuola primaria. La commissione propose di ripensare il sistema scolastico che era allora calcato sul modello germanico (ancora in gran parte in vigore oggigiorno in Germania e che era servito a Gentile per la sua riforma della scuola), di smarcarsi dalla Germania e di proporre una scuola primaria più umanista, imperniata sul bambino (il bambino al centro della scuola) e non sul curricolo, come invece era la scuola germanica. Inoltre la commissione svolse anche un’indagine in 300 scuole per avvalorare le proprie tesi, indagine che è un esempio di come si debba concepire e svolgere la ricerca pedagogica per guidare la politica scolastica.

 

  • La seconda commissione fu creata nel 1946. Il parlamento non era cambiato. [2]. La commissione doveva discutere una nuova architettura del sistema scolastico. Alla fine dei lavori fu proposta la creazione di una scuola unica di otto anni, dalla prima elementare all’ottava, per tutti, simile a quella che ora esiste in Svezia e in Norvegia. La proposta però cadde per l’opposizione dei licei e delle università. I tempi (ma sarebbe preferibile dire le mentalità) non erano, nell’immediato dopoguerra, ancora maturi per sovvertire l’impianto scolastico tradizionale.
  • La terza commissione entrò in azione una decina d’anni dopo, nel corso degli anni Cinquanta. Questa volta il terreno era pronto. La commissione propose infatti di adottare il sistema scandinavo contraddistinto da una lunga scuola di base unica, una scuola primaria comune per tutti fino a 16 anni, l’età della fine dell’obbligo scolastico. Questa decisione si rivelò in seguito determinante ed è da considerare probabilmente il fattore principale del successo della scuola finlandese. L’adozione di una scuola di base comune della durata di nove anni, senza selezioni, senza smembramento delle classi per filiere o per capacità di apprendimento, ha costretto le autorità scolastiche a realizzare una serie di microriforme per salvaguardare il criterio dell’unicità che era avversato da molti insegnanti. L’attuazione della scuola di base unica e l’eliminazione del sistema a due canali ha richiesto quasi vent’anni perché la transizione terminò solo nel 1977.

Una strategia simile si può applicare solo a determinate condizioni :

  • insegnanti competenti, che capiscono quel che devono fare e che ci si aspetta da loro, che stanno al giuoco e che sono pronti a cambiare ogni anno ;
  • consenso di tutto il ventaglio politico, dalla destra alla sinistra ;
  • fiducia della popolazione : la domanda educativa è soddisfatta con un’offerta all’altezza ;
  • costi moderati che si traducono soprattutto in bassi stipendi per il personale scolastico ;
  • personale scolastico composto di professionisti. Il servizio scolastico non è un bacino d’impiego per i notabili locali ;
  • accordo e coinvolgimento dei comuni.

Una riforma a costo zero

Come afferma Pasi Sahlberg (documento allegato), la riforma scolastica che ha permesso alla Finlandia di transitare da un’economia prettamente agricola e meccanica ad una impostata sulle nuove tecnologie della conoscenza è stata realizzata con poche risorse. Praticamente si è trattato di una riforma a costo zero dal punto di vista finanziario. Quindi si può riformare e generare un buon sistema scolastico che combina equità, efficacia e eccellenza senza spendere troppo. Il caso finlandese insegna. Questa è un’altra lezione da ritenere.

Va bene tenere conto del fatto che la Finlandia è un piccolo paese almeno per quel che riguarda la popolazione, con pressapoco 6 milioni d’abitanti (meno della Lombardia, dunque), distribuiti però su un territorio immenso (l’ottavo dell’Unione Europea per superficie) , per cui la politica scolastica può essere pilotata con una grande sensibilità ( pochi comuni, solo 336, ma grandi e molto autonomi), ma questo fattore non basta per spiegare i risultati finlandesi. Certi errori di guida si saranno potuti evitare grazie ai meccanismi di controllo locale ma la strategia della riforma scolastica finlandese comprende aspetti che offrono lo spunto per altre strategie di riforma. Anche in Finlandia per esempio ci sono sindacati di categoria agguerriti, partiti di sinistra e partiti di destra. Il quadro politico non è diverso da quello che si ritrova in altri contesti scolastici. La politica scolastica finlandese ha però il merito di avere adottato una procedura graduale , di avere scelto di avanzare a tappe, negoziando ogni decisione con tutte le parti in causa. Questo modo di procedere prende tempo ma è efficace se i principi sono chiari, se gli obiettivi sono condivisi, ragione per la quale il ricambio delle maggioranze politiche non blocca la riforma. Alla politica scolastica finlandese si potrebbe applicare il proverbio “Chi va piano, va sano e va lontano” !

Una strategia consensuale per un cambiamento radicale

Jukka Sarjala, che è diventato nel corso degli anni 90 direttore generale del Consiglio Nazionale dell’Educazione, l’organismo più importante della politica scolastica in Finlandia, ha descritto in modo eloquente, in un’intervista concessa ad un gruppo di periti dell’OCSE, la strategia adottata per pianificare l’attuazione della nuova legge scolastica :
“La sfida che ho dovuto raccogliere consisteva nello sviluppo di un piano che permettesse di applicare la riforma ovunque in Finlandia. Molti comuni non erano affatto vogliosi di riformare il loro sistema scolastico. Per superare questo ostacolo era molto importante avere un mandato legale. Questa era infatti una grande riforma, molto radicale e assai complicata per gli insegnanti assuefatti al vecchio impianto scolastico. Erano abituati ad insegnare in scuole frequentate da studenti selezionati e non erano affatto pronti a insegnare in un sistema scolastico nel quale studenti molto intelligenti e studenti non altrettanto svegli si trovavano nelle stesse classi. Ci vollero molti anni, in talune scuole fino al pensionamento dei vecchi insegnanti, per fare accettare queste riforme”.
Le autorità scolastiche finlandesi hanno accettato di aspettare, hanno pazientato. E’ andata bene. Nel frattempo, sull’arco di venti-trent’anni, il corpo insegnante è stato integralmente rinnovato. I nuovi insegnanti sono stati certificati con una formazione del tutto diversa. Come vedremo tra poco questa è una delle carte vincenti della politica scolastica finlandese.

Nuovi curricoli

Un’ altra carta vincente è stata la messa a punto di nuovi curricoli. Si è lavorato molto su questo terreno per calmare le ansie degli insegnanti veterani e per risolvere alcuni problemi posti dalla fusione di due canali paralleli per farne uno solo , per creare una scuola di base unica, comune per tutti. Lo sviluppo di un curricolo nazionale nuovo per la scuola di base è stata una mossa vincente. La procedura è durata cinque anni, dal 1965 al 1970, ha coinvolto centinaia d’insegnanti ed ha anticipato la riforma dei cicli e delle strutture scolastiche. In questo modo, prima di iniziare la riforma, tutti sapevano che cosa si sarebbe fatto nelle scuole.

Caratteristiche odierne del sistema scolastico finlandes

  • Piccole scuole

Le scuole finlandesi sono piccole, non sono mega-scuole come si vogliono in Italia e sono iper-fornite di materiale didattico di tutti i generi. Le classi sono numerose, in media tra i 20 e 30 alunni. Moltissime scuole hanno meno di 300 studenti. Solamente il 4% di tutte le scuole ha più di 500 studenti. Quando una scuola ha troppi studenti, secondo gli standard finlandesi, la si sdoppia, con due direzioni che convivono negli stessi edifici.

La piccola dimensione delle scuole ha due effetti maggiori :

  • all’interno della scuola, le relazioni tra insegnanti e studenti sono molto forti. Tutti si conoscono e la scuola diventa una vera comunità che vive in sincronia i maggiori avvenimenti della vita scolastica, come per esempio la vittoria in un torneo sportivo della squadra della scuola oppure una festa del calendario pubblico ;
  • all’esterno della scuola, le relazioni con le famiglie e con le autorità municipali sono intense. Il capitale sociale di cui fruisce la scuola è elevato. Fuori della scuola tutti si interessano di quel che fanno studenti e insegnanti . Il controllo sociale però non è insopportabile e pesante. Questo è uno dei tratti caratteristici del genio finlandese : la tolleranza.

 

  • Una cultura scolastica alternativa, fuori dai sentieri battuti

Come fa ancora notare Sahlberg nel suo articolo allegato, finora non esistono ancora analisi comparate su come le riforme scolastiche sono tratteggiate e guidate nei vari paesi. Nondimeno, in questi ultimi decenni si è assistito ad un progressivo e continuo slittamento dalle riforme strutturali alle riforme imperniate sulla qualità dell’istruzione. La data che marca la svolta è indubbiamente il 1983 quando è stato pubblicato negli USA il celebre documento “A Nation at Risk”.

Sahlberg ha caratterizzato il nuovo indirizzo pedagogico che si manifesta in tutti i sistemi scolastici, che è propagandato dalle organizzazioni internazionali e che plasma le politiche riformiste, con l’acronimo GERM che in inglese vuol dire “Global Educational Reform Movement“:la valutazione degli studenti, la valutazione degli insegnanti, l’adozione delle TIC, l’importanza riservata alla cultura scientifica, alle competenze matematiche e a quelle in lettura, all’autonomia e alla rendicontazione basata sui punteggi nei test, agli standard nei curricoli, sono i tratti caratteristici del GERM.

 

Secondo Sahlberg, il quale però non lo afferma esplicitamente, la Finlandia non si inserisce nel GERM ma ha piuttosto adottato l’ARM, altro acronimo per dire “Alternative Research Movement“. Qui forse risiedono svariati fattori che concorrono a spiegare il successo finlandese. L’ARM è contraddistinto da pochi standard nazionali e da molta libertà lasciata alle scuole per trovare le soluzioni adatte a non lasciare nessuno sul bordo della strada. L’ARM è una scommessa a favore delle scuole e dei dirigenti. I Finlandesi la possono fare perché hanno puntato moltissimo su questa variabile. Tutte le materie contano e non solo la lettura, la matematica e le scienze. Gli insegnanti sono invitati a prendere rischi, ad inventare metodi nuovi d’insegnamento, a sperimentarli e gli studenti sono incitati a scovare le modalità d’apprendimento che convengono ad ognuno, perché ognuno impara a suo modo. Non esiste un modo unico, stereotipato per apprendere. La scuola deve riconoscere questa varietà e gli insegnanti sono formati a farlo. Infine nell’ARM non si pilota la scuola con i test, ma con la fiducia, con la cultura della responsabilità degli insegnanti che giudicano in modo professionale i loro studenti e i loro progressi. Anche in questo caso gli insegnanti sono formati a svolgere questo compito. La valutazione è una componente della loro formazione.

 

Per concludere : le ragioni del successo

Välijärvi e il suo gruppo di ricerca [3] hanno sostenuto che “il successo finlandese in PISA va attribuito ad una “ragnatela” di fattori o di variabili interconnesse tra loro come le attività e gli interessi degli studenti sia a scuola che nel tempo libero, le opportunità d’apprendimento offerte dalle scuole, il sostegno e il coinvolgimento delle famiglie, come pure il contesto sociale e culturale nel quale è innestato l’intero sistema scolastico” (p. 46).

Secondo Sahlberg (articolo allegato) le caratteristiche principali del sistema scolastico finlandese che concorrono a spiegare l’esito brillante dell’istruzione scolastica in Finlandia ( media elevata del punteggio globale nei test internazionali, poche ore di scuola all’anno, pochi anni di scuola, costi modesti, pochi studenti con punteggi bassi nei test, divario ridottissimo tra i punteggi dei migliori studenti e quelli dei più deboli, quindi equità del sistema, diversità ridotta tra scuole su tutto il territorio nazionale) sono le seguenti :

(i) Una stessa scuola unica di base per tutti

La scuola dell’obbligo inizia a sette anni e non a sei, non ci sono primine, tutti i bambini che compiono 7 anni nell’anno iniziano ad andare a scuola in agosto, anche i nati in dicembre. La scuola primaria è di sei anni, seguita da tre anni di scuola media unica. Il blocco di 6 anni +3 anni costituisce la scuola di base. Non si cambia scuola. La mensa è gratuita, le cure mediche pure, i trasporti anche come pure tutto il materiale scolastico. Questa è la scuola pubblica, universale : le famiglie non spendono nulla per l’istruzione e l’unicità implica che tutti siano trattati alla stessa stregua. Molti osservatori ritengono che la base del successo risieda proprio qui e vada attribuita anche alla qualità del corpo insegnante di cui parleremo tra poco. L’infanzia è rispettata al massimo e non si parla nemmeno di una scuola materna obbligatoria di due o tre anni trasformata in prescuola. La migliore preparazione alla scuola risiede nel rispetto dell’infanzia e non nell’imposizione di un programma educativo stereotipato, con valutazioni a tre, quattro o cinque anni. I bambini finlandesi imparano molto e meglio con un anno di meno di scuola. Il finlandese per altro non è una lingua facile, tutt’altro. Eppure la scommessa è vincente.

(ii) Eccellenza della formazione degli insegnanti della scuola primaria

La professione d’insegnante in Finlandia è ritenuta una professione prestigiosa, la formazione dura cinque anni dopo la maturità (fino al master o laurea di secondo livello) ed è imperniata sulla ricerca scientifica. L’idea centrale della formazione degli insegnanti è proprio questa : farne una professione che si regola sulla ricerca scientifica, come succede per i medici o i farmacisti. Il cambiamento radicale del modello di formazione degli insegnanti è stato fatto già nel corso degli anni 70 quando si sono chiusi gli istituti magistrali e si è trasferita la formazione degli insegnanti all’università. Per questa ragione oggigiorno nelle scuole primarie finlandesi tutti gli insegnanti hanno una laurea di secondo livello. La vecchia guardia, con una formazione artigianale, è ormai sparita, è andata in pensione. Nelle scuole operano professionisti che lavorano come professionisti. Gli stipendi di queste persone non sono affatto eccelsi. Non c’è bisogno di aumentare gli stipendi per ritenere gli insegnanti o di distribuire premi per gratificare i migliori. Queste soluzioni non attecchiscono nel sistema scolastico finlandese. Gli insegnanti fruiscono di un’ampia autonomia didattica perché padroneggiano i problemi dell’insegnamento e dell’apprendimento, sono aggiornati, sono consapevoli di quel che fanno, evolvono nella pratica, non ripetono per anni le stesse lezioni.

La popolazione ha fiducia negli insegnanti che sono specialisti in grado di riconoscere ciò di cui ha bisogno un bambino per apprendere e progredire. Non si boccia nella scuola finlandese e nei licei gli studenti si presentano agli esami e alla maturità quando si sentono preparati dopo averne discusso con i loro insegnanti. I migliori studenti aspirano a diventare insegnanti. Ogni anno in media le matricole che vorrebbero specializzarsi come insegnanti sono circa 6000, ma le università ne selezionano solo il 10%, i 600 migliori.

La laurea di secondo livello in educazione apre tutte le porte, quelle del pubblico impiego e quelle del settore privato, e non solo quelle della scuola.

(iii) Rendicontazione intelligente

Anche in Finlandia la rendicontazione (“accountability”) è stata adottata nella politica scolastica. Scuole e insegnanti devono rendere conto di quel che fanno e ottengono, sono responsabili dei soldi che spendono per l’istruzione e soprattutto dell’avvenire degli studenti. Non ci sono valutazioni esterne. Il solo esame nazionale è la maturità. I voti sono proibiti per legge nella scuola primaria. La scuola primaria è una “zona libera” da test. Le valutazioni degli insegnanti sono descrittive.

(iv) Cultura della fiducia

Il sistema finlandese funziona solo sulla base della fiducia reciproca tra insegnanti, studenti, famiglie e autorità. In mancanza della fiducia e del rispetto tutto va a monte. Il sistema scolastico finlandese era fortemente centralizzato fino alla riforma del 1972. Tanto per avere un termine di confronto, la Svezia ha decentralizzato il proprio sistema scolastico adottando lo schema finlandese solo nel 1991 ed è stata una maggioranza di centro sinistra ad imporre questa svolta. La decentralizzazione in Finlandia è stata decisa nel 1972 ma è diventata operante ovunque solo nel 1985. Tredici anni per attuarla. Non si è decentralizzato dal mattino alla sera. Questa è un’altra bella lezione. Si è tenuto conto delle resistenze all’interno e all’esterno della scuola, si è negoziato, ma nessuna maggioranza politica ha sgarrato. Si è tenuto duro e si è seguito l’indirizzo del 72 con costanza. Questo si chiama condividere un obiettivo.

Per Sahlberg, la cultura della fiducia significa che le autorità e i responsabili politici credono che gli insegnanti, i dirigenti scolastici, le famiglie e i comuni sono competenti per gestire la scuola e l’istruzione, non hanno bisogno di essere imboccati ad ogni momento. Non occorre ficcare il becco in affari che non si conoscono. Questa cultura della fiducia e del rispetto secondo Sahlberg attecchisce e prospera soltanto in un ambiente non afflitto dalla corruzione e con un sistema amministrativo efficace che pilota con bravura il sistema scolastico. Purtroppo queste condizioni non esistono in Italia, tranne forse in alcune province autonome o in alcune regioni.

(v) Leadership morale diffusa

 Il sistema scolastico finlandese non è il frutto di una riforma scolastica monumentale e unica. In Finlandia si è proceduto per ritocchi successivi ma con perseveranza, per anni, tenendo conto delle trasformazioni sociali e tecnologiche, con uno sguardo sempre orientato al futuro, con la preoccupazione di fornire un’offerta formativa all’altezza dei tempi, di non perdere il treno, di provvedere un’istruzione che corrisponda al fabbisogno della gente e della società, senza discorsi pomposi e retoriche insulse. Questo non vuol dire che i Finlandesi siano ignoranti perché non studiano il latino a scuola oppure perché non studiano i filosofi presocratici o Platone o Aristotele. I Finlandesi leggono, leggono molto, hanno tempo per leggere, si istruiscono anche quando sono adulti. Non sono beceri, ma sono soprattutto creativi, in un paese povero, non benedetto certamente dalla natura. E’ sicuramente più piacevole vivere a Marsala che non a Lahti, almeno dal punto di vista climatologico, anche se Lahti immersa nelle foreste, in riva a un lago, è una cittadina deliziosa. Poi l’essere umano si adatta e riesce a stare bene anche in ambienti duri, difficili.

La leadership sostenibile [4] implica continuità di vedute, “turnover” limitato del personale. Solo a questa condizione gli insegnanti e i dirigenti possono concentrarsi sul loro lavoro e non esser distratti da intrighi, combinazioni, pseudo-novità, valutazioni di ogni genere. Inoltre la leadership sostenibile implica la condivisione e la condivisione a sua volta implica la stabilità del personale. Il cerchio virtuoso si chiude. La responsabilità della scuola è condivisa tra tutti gli attori scolastici, sistematicamente. Le scuole sono davvero autonome, le indicazioni nazionali sono ridotte al minimo, un quadro teorico essenzialissimo. Le scuole sanno per principio quel che devono fare, il personale scolastico ne discute, i dirigenti consultano le autorità comunali, le famiglie intervengono nei dibattiti. Le scuole sono tutte diverse l’una dall’altra. Ciò crea qualche problema, è innegabile, soprattutto per chi trasloca, ma i vantaggi sono incommensurabili.
Il sistema scolastico finlandese non è un sistema all’avanguardia. E’ solo un sistema basato sul buon senso, sulla qualità, sull’alta professionalità del personale che vi lavora. Non è neppure un sistema alternativo. La sua originalità consiste nell’avere adottato su larga scala le teorie scientifiche dell’apprendimento elaborate nel corso del XX secolo e di avere puntato sull’istruzione come investimento di base in un paese privo di risorse naturali, la cui unica ricchezza sono le foreste e la pesca. Non ci sono materie prime in Finlandia. Il sistema scolastico finlandese è semplicemente un buon sistema scolastico, un sistema scolastico onesto, che non segue le mode, che dà fiducia alla gente. Vi opera gente modesta ma competente, che non si dà grande arie, che stimola, incoraggia, promuove la creatività, il rischio. Poche cose, ma senza prezzo.